La NOSTRA Storia

GLI INIZI

 

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Nel momento in cui ci siamo posti questa domanda, si è aperto un bivio davanti a noi: da un lato la ferma volontà di essere obiettivi e non incorrere in agiografie; dall’altro il desiderio di sentirsi il prodotto di una storia irripetibile.
In questi casi l’alternativa comunemente usata è costituita dall’identificarsi e riconoscersi attraverso categorie conosciute: "Associazione dilettantistica", "sportiva" o "culturale"... la qual cosa non ci soddisfa affatto e, se può rispondere a necessarie esigenze di sintesi, è buona tutt’al più per una definizione di ragione sociale piuttosto che a dare spiegazioni sull’identità di un insieme come il nostro.
Consapevoli, quindi, delle difficoltà di orientamento in cui ci si imbatte quando si parla di se stessi, 

rimandiamo il visitatore, alla lettura della nostra storia, il quale, se veramente vuole conoscerci dovrà armarsi anche di una certa pazienza.
Tentare di dare una idea esauriente ed obiettiva di ciò che siamo significa, secondo noi, guardarsi indietro privilegiando, come dire, la realtà dei fatti; nel far questo seguiremo un filo conduttore: partendo da eventi che in un primo tempo interessarono pochi intimi e finirono poi per coinvolgere molti.
Eventi che si fusero, attraverso la partecipazione diretta o il racconto, nella coscienza del gruppo, divenendone patrimonio e identità collettiva.
Se troverete normale, nella narrazione, che il verbo sia coniugato al passato, non vi dovrete meravigliare 

neanche dell’uso abbondante della prima persona, dato che storia privata e pubblica furono, per un tratto, la stessa cosa.
Va aggiunta una altra precisazione: ciò che segue risponde alle richieste di molti allievi ed amici dell’Aikikai di Genova, del Dojo Giustiniani e di altri luoghi di pratica sparsi per l’Italia e non solo, che mi hanno chiesto di conoscere meglio, attraverso foto e documenti, le origini e le motivazioni del nostro Aikido.
Questa pagina del sito costituisce anche un doveroso tributo alla memoria di mio padre, il quale fu il motore primo e indimenticato di tutta la vicenda.

Daniele Granone

LA STORIA

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Ho avuto la fortuna di iniziare la pratica dell'Aikido da piccolo, grazie a mio padre e a mia madre, che si interessavano alla cultura orientale, in particolare quella Indiana Sanscrita, mio padre frequentò per un certo periodo l'I.S.M.E.O. (istituto di studi medio ed estremo orientali) a Roma dove vivevamo.
In quel periodo io e i miei due fratelli, Paolo e Luciano, eravamo spesso sottratti ai nostri giochi in giardino per divenire un improvvisato auditorium alle letture di mio padre.
Nonostante fossimo un tantino riluttanti all'abbandono del divertimento, non vivemmo mai queste digressioni letterarie come un castigo, e devo dire che in parte, nella nostra infanzia, fummo affascinati da quel mondo poetico.
Nella mia famiglia, per l'epoca così sensibile alle culture di altri popoli, si stava preparando il terreno per l'avvento dell'Aikido. Qualcosa che avrebbe cambiato irrimediabilmente le nostre vite.

Vi fu un episodio catalizzatore, legato sempre a questa atmosfera di ricerca che mio padre, Giovanni Granone, manteneva viva intorno a se: un ritiro meditativo sul monte Rotonaria (1750 m), propaggine meridionale degli Ernici sull'Appennino abruzzese (dal versante laziale) dove sorge l'antica certosa di Trisulti oggi monumento nazionale.
Ci apprestammo ad accompagnare il "Sanyasi" al suo romitaggio, con mia madre alla guida della mitica FIAT 500; e dopo una bella giornata passata nei boschi di querce del monte Rotonaria, ci accomiatammo da papà, il quale, nel viaggio, si era rifornito di una quantità di caciotte, miele e pagnottelle da fare invidia ad un orso màrsicano, strana dieta per un asceta. Lo vedemmo salire per il sentiero con la sua tendina e scomparire nel fitto del bosco.
Disappannata, in un istante, l'ombra di tristezza per l'abbandono, proseguimmo allegramente alla volta di casa.

Di diverso umore sembra fossero le giornate successive di papà. A suo dire, al terzo quarto giorno di ritiro, lo colse una nostalgia irrefrenabile per la famiglia, tanto che, allo scadere del quarto giorno, smontata la tenda, salutati i monaci della vicina abbazia, montò su di uno di quegli autobus blu delle linee extraurbane, che lo avrebbe ricondotto a Roma.
Così come tutte le anguille ritornano al mar dei Sargassi, una volta, tutti gli autobus delle linee extraurbane di Roma finivano al capolinea di Piazza S. Croce in Gerusalemme, appena all'interno delle mura dell'Urbe. Fu li che casualmente Giovanni Granone si imbatté per la prima volta nella parola "Aikido", infatti nella vicina via Eleniana, un maestro giapponese impartiva lezioni di questa nuova disciplina; e al di fuori dell'impianto, se così si può dire (si trattava di una caserma in disarmo), aveva collocato una locandina, una soltanto, dove erano scritti orari e costi. Fu in questa che mio padre si imbatté.

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AIKIDO

La vittoria su noi stessi è l’obiettivo primario dell’addestramento.

GIOVANNI GRANONE


Giovanni Granone era nato a Fiume il 26 giugno 1933, per le vicende storiche note a tutti dovette, insieme alla propria famiglia, abbandonare la sua "patria" da bambino.
Trasferitosi a Roma frequentò l'istituto nautico e successivamente arruolatosi in Marina iniziò a viaggiare sulla nave scuola Amerigo Vespucci.
Verso la fine degli anni cinquanta decise di interrompere la carriera militare e mettere su famiglia.
Nel 1 febbraio 1958 si sposò con Maria Rosaria Costenaro dalla quale ebbe tre figli.
Gli affetti famigliari lo spinsero a cercare un lavoro maggiormente stabile.
Nei primi anni '60 entrò a lavorare in banca.
In quello stesso periodo cominciò a concretizzare gli studi di orientalistica, che già lo avevano appassionato in tenera età, cosa che si realizzò con l'iscrizione all'istituto di studi medio ed estremo orientali di Roma.
Nel 1969, casualmente, incontrò l'Aikido.
In breve tempo questa disciplina divenne la sua grande passione e al contempo una sorta di impegno civile nell'educazione dei giovani.

Negli anni immediatamente successivi iniziò a collaborare attivamente con il M° Hiroshi Tada, col quale instaurerà un rapporto di devota reciproca amicizia.
Nel 1972 uscì il primo numero della rivista Aikido, di cui Giovanni Granone fù ideatore e, inizialmente, unico fautore.
Verso la fine degli anni '70, per motivi di famiglia, si trasferì a Genova, dove in collaborazione con i fratelli Fabretti, il figlio Daniele e Giorgio Bergamino diede vita a numerosi centri di pratica.
Insieme a Giorgio Bergamino scrisse il primo libro edito in Italia sull'Aikido.
Negli anni '80 cominciò a mettere le basi per la creazione di una associazione con sede stabile, che si occupasse esclusivamente della divulgazione dell'Aikido.
Alla fine di quel decennio realizzò il suo principale obbiettivo con la nascita dell'"Aikikai di Genova" che avrà per molti anni una sua sede autonoma nel centro della città.
Giovanni Granone nell'arco di 30 anni di attività scrisse 

una quantità innumerevole di articoli comparsi sulle più svariate testate giornalistiche, dalle riviste specialistiche di discipline orientali ai più diffusi quotidiani, oltre naturalmente a curare la sua principale creazione, cioè "AIKIDO" la rivista dell'associazione di cultura tradizionale giapponese.
Giovanni Granone, è stato un eccellente tecnico e un maestro amatissimo. Raggiunse il grado di 5° Dan con riconoscimento dell'organizzazione mondiale di Tokyo, livello che pochi in Italia detenevano all'epoca.
Attraverso la sua affabilità e intelligenza ha formato innumerevoli insegnanti, lasciando di se stesso un ricordo indelebile.
Il 1° Novembre 2005, dopo una lunga malattia, il Maestro si spense, attorniato dai suoi allievi e dall'affetto dei suoi cari.
Pensiamo che la miglior testimonianza di affetto, al momento della scomparsa gliela abbia dedicata il suo maggior allievo di penna, che oggi meritatamente conduce quella rivista a cui Giovanni tanto teneva.
Per questo la riportiamo qui sotto.

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Giovanni Granone,
un grande maestro.

Il 1° novembre 2005 è mancato Giovanni Granone, 5° Dan. Avvicinatosi all'aikido nei primi anni 70, condivise la grande avventura della diffusione dell'arte in Italia; più volte membro del consiglio di amministrazione e vice presidente della nostra associazione, è stato il fondatore della rivista Aikido che ha curato personalmente per alcuni anni tornando poi a dirigerla negli anni 90. All'inizio degli anni 2000 aveva deciso di separare il suo percorso da quello dell'Aikikai d'Italia.

Chi non ha avuto la fortuna ed il privilegio di conoscere Giovanni non potrà apprezzare quale fortunato assemblaggio di intelligenza, costanza, abnegazione, capacità di analisi, spirito critico ed ironia si fosse incarnato in lui. E' stato un grande maestro, e non solo sul tatami. Mi mancavano già da qualche anno - quanto mi mancavano, ed ormai mi mancheranno per sempre - le sue giornaliere alluvioni epistolari e sentivo che una parte di me reclamava e non si rassegnava. Ci eravamo promessi l'un l'altro parecchie volte di ricominciare a "parlarci" per email quotidianamente, ma ci eravamo invece lasciati trascinare dal torrente delle attività quotidiane.

Eppure, anche se in questo momento riesce impossibile accettare l'idea come anestetico al dolore, so che in certo senso Giovanni non mi mancherà: in ogni occasione in cui aprirò le mie sudate carte per riflettere per l'ennesima volta sui problemi dell'arte, Giovanni sarà con me. Gli sia leggera la terra, e quanti non hanno avuto la ventura di conoscerlo,leggendo questi suoi due articoli lo potranno apprezzare; è giusto che anche i più giovani, che non ne hanno avuto modo finora, conoscano il suo pensiero.

Paolo Bottoni

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